Serata cittadina

una birra, un amico

La serata scorre sorniona come una canzone di Conte mentre le ore si allungano al primo buio stiracchiando e assottigliando l'afa verso un'ennesima notte tiepida. Il dehor di un locale appollaiato sul controviale di un grosso corso: bassi puff morbidi, alti trespoli legnosi, tavolini e botti per sostenere gomiti e boccali di birra mentre gli avventori, allentati con le spalle al mondo e lo sguardo rilassato in giro oppure in piedi pigiati vicino agli amici a ridere e bere, si rilassano trascorrendo la serata.

Ai trespoli di legno, intorno alla botte, una coppia di amici cihacchiera accarezzando una birra su come la vita stia cambiando. Sui puff, in basso, una coppia dagli sguardi limacciosi, lei abbronzatissima lui dall'aria un po' ebete, hanno sostituito un silenzioso e solitario uomo di colore che ha passato buona parte della serata a sorbire un drink non meglio precisato mentre rifletteva sul mondo osservandone i movimenti di soppiatto nascosto nell'infossatura morbida del sedile. Dall'altro lato, seduti a un tavolo vero su sedie vere, lei bionda con i capelli lunghi e il top aderente lui sagoma poco significante tutti e due protesi verso l'altro chiacchierano e discutono cercandosi continuamente gli occhi ma senza il coraggio di prendersi le mani, sempre vicine, mai ferme.

Dietro, il gruppone. Ragazze ragazzi e soprattutto di quelli che vogliono ancora chiamarsi tali ma ancora non hanno bisogno di lifting e tiraggi vari, schiamazzano allegramente senza consumare molti liquidi alcolici, l'immagine intera del gruppo fluida di persone che si alzano e cambiano sedili modificando gli assetti chiacchiericci e comunicativi secondo gli umori delle battute. Sottofondo adatto al luogo e alla serata, da dedicare agli amici.

Spunta, di corsa, un ragazzo con la maglietta bianca che lancia un gratuito invito a recarsi in luoghi poco consoni alla decenza verso il gruppo, forse di cosiddetti amici ma che non l'anno invitato o ex di qualcuna, il tempo di far girare la parola nell'orecchio, farla recepire al cervello, e la figura è già sparita. Si alza quindi un giovanotto sui quaranta suonati e, per mostrare segni di virilità più evidenti di quelli scarsi sulla pelata, impugna uno sgabello e accenna una finta corsetta, invero presto smorzata, nella direzione del fuggitivo. Rinunciando presto, forse per il fiatone, a seguirlo sulle sue gambe tenta con conseguenze piuttosto ilari di montare il trespolo sulla sella del suo scooterone e quindi motorizzarsi nel lavare l'onta. Senza successo.