La gita

in montagna

Durante uno di quei fine settimana di luglio inoltrato in cui si cerca di fuggire dal caldo afoso opprimente della pianura scappando al mare o in montagna, gambe in macchina siamo partiti alla volta dei monti puntando su alte quote e basse temperature.

Sabato: una lunga salita fino al rifugio del lago Verde, meta 2560 metri di quota circondato da un panorama di lame di roccia quasi sul confine con

la Francia: una casupola equipaggiata di pannelli solari sulle rive di un laghetto alpino, non molto più in alto ancora qualche chiazza di neve. Ci sistemiamo nella stanza sotto il tetto, sul tavolato, con i nostri compagni di tappa italiani mentre una ciurmaglia di circa trenta ragazzi francesi occupa i locali più ampi, sotto. L'edificio, in legno e pietra, ci terrà al calduccio tutta la notte benchè fuori la temperatura non cali mai

troppo e la bellezza colorata del tramonto, prima, e la pace della stellata dopo ci trattenga fuori. Prima della nanna, una partita a scala 40 con il terzetto familiare (lui, lei e la mamma di lui per la loro gita annuale insieme) e poi cena con chiacchiere con la coppietta (due alpinisti che hanno scoperto le montagne da poco). Nulla di particolarmentr significativo, nemmeno la cena tra una buona crema di verdure del pollo tutt'ossa e qualche pisello troppo bollito.

Domenica: la sveglia suona alle 5.45, anzi non suona perchè l'alba ci coglie prima, anzi mi coglierebbe prima se riuscissi ad alzarmi anche io e invece resto nel letto a combattere il dormiveglia proprio per quei dieci minuti di troppo. Riesco solo a rotolare giù dal letto e infilarmi a fare colazione con della ottima marmellata fatta dai gestori del rifugio prima della partenza, ore 6.30. Ben presto, appena scavalcato il vicino colle della Grande Guglia, lo spettacolo della luce quasi orizzontale di fronte a noi delle sette del mattino scioglie tutto il sonno e spalanca gli occhi per la meraviglia tra le rocce nitide e l'erbetta d'alta quota colorata di un verde irreale e le lame di roccia un po' più lontane avvolte in una mistica nebbiolina causata dall'esplodere delle goccioline d'acqua della rugiada mattutina attraversate dai raggi del sole.

Continuiamo con una breve e panoramica deviazione che ci porta sulla Ceresira, rudere militare a quota quasi 2900mt che ci regala una vista maestosa sulla valle Pellice con le sue creste ancora avvolte dalla bruma del mattino presto e la sagoma inconfondibile del Monviso con i suoi quasi 4000 metri di roccia e ghiaccio.

Continuiamo, scambiando quattro chiacchiere con uno stambecco che guadagna passandoci a pochi metri un frammento di prato appeso tra le rocce poco più sotto le creste sottili. Il sentiero per i 13 laghi ci fa perdere fastidiosamente quota nel vallone delle miniere prima di scavallare i due passi di Brart e Dar Loup con una spettacolare panoramica sul sentiero, pericoloso, che unirebbe la Ceresira con il primo di questi due passi ma che saggiamente decidiamo di evitare.

Una breve sosta-pappa al colle Giulian sancisce l'abbandono della zona terminale della valle di Prali, ormai solo il valloncello sospeso senza nome dove facciamo la conoscenza di un branco di camosci un po' spaventati che saltellano veloci sulle roccette sopra di noi e dove sarebbe bello girare a cavallo sulla vecchia pista militare, ci separa dalla calda e assolata conca dei cosddetti 13 laghi di cui, in verità, ne contiamo forse nemmeno dieci a voler essere di larghe vedute e comunque sono poco più che pozze.

La conca con il suo esercito di insetti e grilli ci sospinge rapidamente verso l'alto della cima del monte Cournour con i suoi imponenti quasi 3000 metri e la vista sulla pianura, e sarà poi il ritorno lungo una discesa interminabile a segnare definitivamente il rientro in basso e l'atterraggio nell'afa che pervade tutto sotto i 2000 metri.

La morale di una stupenda giornata goduta dall'alba alla sera: non dimenticare, mai, che l'obiettivo è divertirsi e non raggiungere una meta sempre più in la, spingendo al limite le proprie capacità.