C-130J

Aspetto la sera, in silenzio. Ascolto il rumore dei computer intorno a me, il rotolio di un treno che passa poco lontano e un rombo sordo di un paio di motori a turbina che vengono messi in modo sul piazzale dall'altra parte dell'edificio. E' un momento di calma, strano, non c'è nessuno intorno a me per la prima volta da questa mattina.

Il leggero grattare di un disco fisso punteggia il rumore di fondo della stanza, fuori imbrunisce e la temperatura scende. Dentro pure, ma il crepuscolo viene tenuto lontano dalla luce bianca che cala uniforme dal soffitto di cemento, alto. Le pareti, anche loro di cemento freddo, calzate da barre di metallo come gambe in una giarrettiera sono abbellite da un paio di scadenti calendari, di quelli realizzati in economia, che mostrano, senza veli, parti intime di motori e pompe idrauliche. Assieme a una lavagna piena di promemoria per le attività volative della giornata, questo è il massimo lusso concesso a un ufficetto in un angolo di un hangar militare.

Fuori cala la nebbia. L'umido pesante tipico di quest'area paludosa e vicina al mare fa a gara con il buio e vince la gara pervadendoci ben prima che l'ultima luce ci saluti.

Intorno a me scrivanie in finta radica, moderne e lucide, servono da supporto a raccolte scomposte di manuali, libretti, pezzi di computer più o meno funzionanti e bottiglie d'acqua mezze piene o mezze vuote. L'ambiente, triste e un po' scomposto, incarna perfettamente la via di mezzo tra un ufficio e una piccola officina, un locale dove l'operatività supera l'estetica e, soprattutto, il tocco femminile è lontano quanto la neve ad agosto.

Poco oltre, sul piazzale, una decina di chiatti bestioni parcheggiati ordinati uno di fianco all'altro, sonnecchianti per la notte che si avvicina, con le ali distese quasi a toccarsi e le quattro gondole motore appese sotto come muscoli all'incontrario, la coda alta tre piani come una specie di vela grigia che spicca nella penombra causata dai grossi fari che illuminano lo spazio intorno. Domattina molti di loro partiranno per qualche missione, metteranno con calma in moto le eliche e frusteranno l'aria con un rumore quasi lacerante sospingendosi prima per una breve retromarcia e poi in avanti fino all'imbocco della pista. I cetacei, carichi di qualsiasi cosa debba arrivare a destinazione, si metteranno in volo con il loro equipaggio umano: pilota, copilota e loadmaster più eventuali sfigati passeggeri sballottati nello scomodo, freddo e rumoroso vano di carico.