Marciana

seconda puntata

Isola d'Elba, inverno. Una fiduciosa coppia su un autobus diretto verso un paesello di nome Marciana alta. Tardo pomeriggio, fa buio presto e la temperatura se pur mite cala.

Il sole è già tramontato da qualche quarto d'ora, l'autobus quasi scocciato per aver fatto tutta la salita e faticato su tutte quelle curve solo per noi ci scarica di malavoglia e riparte lungo il suo giro lasciandoci davanti a una solitaria palina segna-fermata ai piedi del paese più deserto che abbiamo mai visto. Di fronte, ancora luminoso nel buio del crepuscolo, il mare placidamente incornicia le luci di Marciana Marina.

Ci avventuriamo con rispetto e una certa soggezione tra le stradine ripide e tortuose, buie e deserte, del paese. Le finestre illuminate si contano sulle punte dei nostri nasi, poche isole di vita residua memoria di passati fasti in cui la cittadina era un centro pulsante di vita prima che gli interessi economici si voltassero dall'agricultura al turismo estivo e marino.

Casette di un paio di piani in pietra, arrampicate e contorte su viottoli ripidi e lastricati abitati dall'occasionale gatto che scappa al nostro passaggio. Noi corriamo su e giù, seguiamo le scalette che ci portano per i vari livelli del tessuto urbano, deserto. In cima, altri turisti, quattro, spaesati peggio di noi, affascinati anche loro dalla bellezza austera e d'altri tempi che ci circonda.

Dopo una breve e scoraggiata ricerca di un alloggio per la notte ormai incombente ci rivolgiamo al circolo "il rifugio" dove una manciata di giovincelli la cui età media colleziona due pensioni a testa dediti a bicchieri di rosso e memorie dei tempi andati ci indirizza verso un vicino bed&breakfast, unico simbolo dell'esistenza di un turismo in zona. Una lunga ricerca nel buio ci porta a bussare a una signora non abbastanza giovane da simpatizzare con la nostra condizione di viandanti armati più di buoni propositi che organizzazione, all'alba di una lunga e fredda notte in un paese deserto, che ci rifiuta ospitalità confermando ancora una volta che su quest'isola si fanno affari troppo grassi d'estate.

Scoraggiati e infreddoliti torniamo alla fermata dell'autobus per aspettare che l'ultimo arrivi per riportarci a Portoferraio, dove sappiamo di poter trovare una sistemazione adeguata; più per scherzo che per convinzione agitiamo un pollice sul parabrezza di tutte le auto che vanno nella direzione giusta e con mio grande stupore non solo un'auto si ferma (dopo una attesa che fa poco onore alla malafede degli automobilisti italiani) ma facciamo la conoscenza con una coppia molto simpatica, lui indigeno del luogo e lei guarda caso torinese trapiantata, che ci accompagnano fino all'albergo raccomandandoci pure a un vicino ottimo ristorante tipico napoletano riportando in deciso attivo la bilancia della nostra simpatia verso gli abitanti dell'isola.