Telecronaca alternativa

finale mondiale

E' domenica pomeriggio, giornata calda e afosa da mosca che ronza solitaria sotto un ventilatore esausto sul soffitto di una stanza bianca piena di sediole pieghevoli vuote, per ora.

Da qualche altra parte del mondo, nemmeno poi troppo distante, si sta per giocare una finale mondiale. Qui, la gente impazzisce già con qualche ora d'anticipo: in giro più bandiere che il due giugno, e a ogni angolo sfegatati strombettanti che scambiano la strada per lo stadio. In una qualche piazza poco lontana la folla si sta già radunando davanti a un megaschermo pubblico, mentre ovunque iniziano a formarsi capannelli destinati a schierarsi davanti a qualche altro piccolo schermo privato.

Sotto i nostri pedali, intanto, la strada più o meno ciclabile che unisce i vari parchi dal centro città a San Mauro si va svuotando via via e pedalare diventa sempre più piacevole salvo piccole sorprese, fastidiose come la ciclabile che finisce contro un muro di legno o gradite come la signora che ci regala una bottiglia d'acqua "perchè la fontana è lontana giù per la strada".

Decidiamo di non avventurarci su per la salita che ci porterebbe ripidamente verso Superga, puntiamo piuttosto a tornare indietro per trarre il massimo beneficio dal primo tempo della partita mondiale ormai in corso: si capisce dalla silenziosità delle strade, dalla assenza di automobili, sempre che gli assembramenti di persone tutte intente a fissare uno schermo televisivo che si incontrano lungo i fiume, non siano sufficente indicazione. Il religioso silenzio degli spettatori è chiaro indice della serietà del momento.

Un boato negativo, a un certo punto, ci induce a supporre che la nostra squadra non se la stia passando molto bene ma un secondo boato, questa volta positivo, non molto tempo dopo corregge la sensazione, e fa distrarre il gelataio che ci sta servendo una coppetta nocciola e zabaione con un occhio dietro le spalle al televisore e l'altro al cucchiaio del gelato.

Il secondo tempo è lungo, ci lascia la comodità di goderci la bella piazza di Torinocon l'unica compagnia di un paio di vecchiette, oltre ai piccioni, su una panchina non troppo lontano. E' l'assenza di particolari manifestazioni di gioia o disperazione a farci capire che la partita si trascina ai tempi supplementari, mentre anche noi ci trasciniamo verso casa, un po' stanchi dalla pedalata. Una volta solo, non per molto, sintonizzo la radio ma presto mi stufo di un commentatore un po' agitato che fa da pappagallo ai mormorii collettivi, mentre entrano dalla finestra, di una città intera a segue la partita.

Il primo tempo supplementare finisce e il leggero trafico ricomincia ad affollare le strade per qualche rapido minuto. Il secondo tempo supplementare ci trova davanti a un film Islandese: sono poi i rigori a distrarci, con il loro altalenante alternarsi di scoppi di gioia e silenzi in cui si sente corposamente il fiato trattenuto da una nazione intera. Solo all'ultimo boato, visto che non accenna a smoarzarsi, capiamo che siamo campioni del mondo un'altra volta: chiudiamo la finestra e continuiamo a vedere il nostro film Islandese