San Giovanni

il corteo

San Giovanni, il 24 di giugno, è il patrono di Torino. Una di quelle città immerse nel grigiore azzurrino pallido dello smog e della foschia padana, ma non come tutte le altre: forse l'unica ad avere apertamente puntato alla valorizzazione delle proprie attrattive culturali arricchendole con un flusso sempre maggiore di manifestazioni e rassegne dal culinario al culturale se mi permettete di disaccoppiare i due termini.

Alcune di queste manifestazioni hanno maggiore eco, come le olimpiadi invernali, altre più locali come gelaTò, altre ancora sono storiche come la parata del 24 giugno. In un certo senso è difficile immaginare la stessa strada percorsa solo lo scorso sabato da festanti carri, animata da musica a tutto volume e cartelli, striscioni, ironia e provocazioni del Gay Pride oggi percorsa da gruppi in costume d'epoca, bande con tromboni e clarinetti, gruppi di sbandieratori e percussionisti.

Il clima che si respira è completamente diverso: tanto per cominciare la gente spettatrice si accalca in mezzo alla strada nella fretta di essere in prima fila si stringe intorno allo stretto cordone del corteo che avanza quasi fermo a piccoli passetti sfidando faticosamente il caldo opprimente del tardo pomeriggio estivo.

I tamburi si sprecano fin troppo, tra solerte martellante impegno nel cercare di bucare la pelle tesa e quantità di suonatori dediti a una attività sorprendentemente diffusa benchè solertemente bandita in fase di prove da qualsiasi condominio ragionevole. Tra una squadra di traccheggianti tamburellatori e un'altra di ponderati tonfatori scorrono gruppi storici della cintura di Torino tra paffute contadine con cesti di vimini pieni di uova formaggi e pane casereccio sotto braccio, robusti e rubicondi contadinotti che avanzano appoggiati a bastoni si fa largo anche un carretto in legno pieno di fieno e prodotti tipici trainato da due vacche razza piemontese pura di quelle solerti e testarde che una volta avviate al lento passo del corteo richiedono una buona dose di legnate sul muso per impedirle di travolgere le persone che si sono di già fermate pochi passi avanti.

Qua e la, giusto per rompere la sequenza di persone in costume, spuntano rappresentanze impennacchiate di carabinieri o allegre combricole di vigili e vigilesse urbane nella loro divisa azzurra, sorridenti alla cittadinanza, e pronte a salutare l'oocasionale vicino di casa o conoscente accorso per il lieto evento.

Vengono poi i gruppi armati, un tripudio di pettorali in ferro gambali di cuoio e elmi semplici a sottolineare il carattere sempre un po' arrangiaticcio degli eserciti sabaudi in termini di risorse e ufficialità. Alabarde, archibugi e lunghi archi sfilano trasportati da orgogliosi appassionati, i costumi sono quasi sempre fatti a mano dagli interessati cotte di maglia incluse, che per poco non schiantano sotto il caldo, e almeno il sole è coperto dalle case.

Quando è il turno dei lebbrosi la strada viene invasa da una ventina di figure coperte da lenzuoli bianchi e campanelli che approcciano il pubblico abbracciando la gente o fingendo di chiedere l'elemosina. Sarà l'accuratezza dei costumi, sarà il caldo che porta a sudare copiosamente dentro quelle fasciature, sarà l'avvicinamento empatico che questo corteo storico sta causando nel pubblico ma vicino ai lebbrosi si formano vuoti improvvisi di pubblico presto riempiti a tradimento da altro pubblico, che ne approfitta.

Non mancano i nobili, con vestiti sgargianti ricchi di pizzi e merletti, intere famiglie altolocate con mamma papà e figlioletto in tinta preceduti da valletti annunciatori con piccoli tamburi e seguiti dagli stendardi di famiglia.

In coda al corteo vengono le bande migliori: comunale, vigili urbani, tutte pronte a suonare, alternandosi, marce e inni prima della chiusura della sfilata lasciata agli universitari su un gippone per pubblicizzare le universiati invernali del 2007 che si terranno sempre qui a Torino, tra canti goliardici e professori con i baffoni finti.

Il tutto condito da drappelli di City Angels troppo seri per il compito a loro affidato che scrutano il pubblico alla ricerca di qualche testa calda comunisto-centrosocialica o gruppi fascisto-picchiatori che possa lontanamente pensare di rompere le scatole alla gente per bene.

In conclusione, non un grande corteo come il Pride o l'euroVespa ma molto più caratterizzato, forse non altrettanto allegro ma più in tono con un certo tipo di modo di vivere piemontese fatto di riservatezza e orgoglio. Tornando a casa non può mancare una visita a gelaTò, perchè quando capita di poter gustare, per 1 euro, due gusti di gelato diversi provenienti dalle gelaterie migliori della città? Insomma va bene due gusti di una gelateria, ma due gusti di due gelaterie diverse nella stessa coppetta? Anche questo, anche questo a Torino oggi. Che vita ragazzi!