Torino Pride

Pianura del nord, in una città un po' bigia durante un weekend di un giugno non troppo afoso. Provando a immaginarla come osservata dall'alto, disegnata su una cartina in bianco e nero, spiccherebbe una lunga macchia di colore. E' il Torino Gay Pride 2006 con i suoi trenta e più carri di musica e pennacchi, con la sua allegria e le sue provocazioni.

Assenti, pultroppo: gli ottusi, quelli armati di preconcetti, quelli che non sanno di cosa parlano, quelli indottrinati, quelli che non sono mai cresciuti, quelli immaturi, quelli a cui è stato impedito di andare, quelli troppo lontani per esserci, qualcun'altro spaventato.

Assenti, per fortuna: quelli con le spranghe, quelli che sono rimasti a casa per guardare la partita, quelli per cui la Morale è dettata da qualche portavoce di una divinità.

Presenti: cinquantamila persone ambosesso, secondo giornali e televisione (l'ha detto la TV quindi è vero!), immagine e specchio di una società italiana oramai sempre più distante da quella immaginata da chi si appella alla legge naturale o divina. Giovani e anziani, donne e uomini, mamme, nonne, padri e figlioletti. Per la grande maggior parte persone eterogenee e miste come si possono trovare in qualsiasi coda alla posta o ai tavoli di un ristorante, intente a marciare e ballare insieme per reclamare il diritto proprio, di un fratello o di un sorella, di un figlio o di un amico caro di autodeterminarsi senza preconcetti o odio.

Certo nella massa fanno gola alle fotografie soprattutto i personaggi più colorati, le pose più pruriginose (che tali diventano negli obiettivi dei giornalisti), i costumi più attillati.

Mille colori, tante bandiere, tante associazioni a partire da quelle di genitori con figli GLBT (gay/lesbo/bisex/transgender). Tanti cartelli, e non si sprecano parole chiare e dure contro la chiesa cattolica e papa Ratzinger, decisamente poco amato. Si vedono delle bandiere sventolanti una scritta che da lontano pareva essere una ormai abusata "no TAV", ma una volta arrivate vicino si sono mostrate per quello che realmente sono: "no VAT: meno vaticano, più autodeterminazione".

Un cartello, una domanda: ma se un frocio (autodichiarato) porta in giro un cartello su cui da del frocio a Ratzinger, lo sta insultando?

Al di la dell'astio meritato (al massimo possiamo discutere sulle intenzioni) verso la chiesa cattolica, il corteo è inifinito, lunghissimo, tra i trenta e più carri sfilano migliaia e migliaia di persone normali o travestite e benchè i doppi sensi qui si potrebbero sprecare riescono a trasmettere una tale forza di volontà e energia positiva che qualsiasi credente non potrebbe che riconoscergli di avere Dio con se. Per un non credente maturo invece il problema non si pone proprio.

La macchina fotografica scatta, scatta e scatta ancora. Lo zoom scorre avanti e indietro continuamente e il diaframma si adatta via via alla luce che tramonta. E' impossibile descrivere in queste poche righe tutto quello che mi passa davanti agli occhi: i costumi, i trucchi, i corpi, il colore e l'allegria, la voglia di vivere.

Questo è un caso in cui le immagini parlano meglio delle parole: http://www.gardiol.org/index.php?fast=00009