La notte di Torino

grande finale per le olimpiadi

Torino, città olimpica. Ancora per poco, in verità, ma come a voler esorcizzare un ritorno alla solita vecchia vita di città un po' in disparte che subisce tutto con dignità Torino ha deciso di chiudere col botto. Non quello dei tanto paventati attentati terroristici che esimi esponenti governativi hanno minacciato due settimane fa, tanto meno quelli dei fuochi d'artificio che tutte le sere benedicono le medaglie olimpiche in piazza Castello. Si parla di botti molto più metaforici: la notte bianca di ieri sera, notte bianca in grande stile, questa volta. Musei aperti, tra cui e non solo l'Egizio benchè a pagamento, la galleria Sabauda e il museo del risorgimento incredibilmente presi d'assalto da una massa di gente assetata più che di cultura, di una visita notturna a un museo quale esso sia purchè gratuito.

In giro per i cortili e le piazzette del centro bande e gruppi musicali per grandi concerti da mezzanotte a seguire, gruppi locali e musicisti famosi, artisti per strada con bande improvvisate da un sassofono e un microfono, folla, gente, sgomitate. Le strade rigurgitanti persone trasformate in tappeti umani sotto gli occhi squadrati di palazzi sbigottiti nel vedere una tale trasformazione intorno a loro.

La prima parte della notte è stata popolata da famigie, coppie di mezza età, giovani tutti alla ricerca di un museo, un po' di musica, passeggiando tranquillamente su e giù per tutto il centro da borgo Dora a corso Vittorio, sgomitando non solo in piazza San Carlo e via Roma ma in tutte le viuzze secondarie, mai visto. Dopo una certa ora, forse le due forse le tre, qualche cosa è cambiata nell'aria. La folla già stanca dopo ore di calpestio di piedi e pestoni, dopo essersi riempiti le orecchie di note sparate a tutto volume e gli occhi di teste e gente, ha cominciato a ripiegare in ordine sparso per via Cernaia come un esercito sconfitto verso la metropolitana con impresisonanti code chilometriche agli ingressi. Chi ancora si sentiva carico di energie ha provato a imbucarsi in qualcuno dei vari locali del centro per consumarle dietro un paio di birre, accompagnato da un altro po' di musica.

Nel frattempo, dal fiume, dal basso, hanno iniziato a riversarsi in centro ondate di barbari, urlanti animali di razza notturna, affamati di divertimento selvaggio fatto da ritmici bonghi, birre nei bicchieri di plastica, e grida liberatorie, violente. Nulla di chè preoccuparsi in verità, a meno di voler dormire proprio sopra via Po, mentre i vari bar, focaccerie e gelaterie lungo la strada hanno fatto il gran pienone e un sacco di affari.

La nostra serata, o forse sarà meglio dire nottata, è partita piena di buoni propositi e si è conclusa pienamente soddisfatti e molto stanchi. Poco, di ciò che avevamo messo in conto di fare, è rimasto sulla carta: giusto una salita sulla Mole e il museo Egizio. Abbiamo aperto la serata con una paseggiata fino al cortile del Maglio, a borgo Dora, per fare scorpacciata di assaggini: salami e salcicce, formaggi morbidi e stagionati, miele, torte di nocciola (senza farina!), non ci siamo lasciati dietro nulla. Giusto i polli arrosto distribuiti gratuitamente, un po' per la lunga coda di gente e un po' per la poco celata preoccupazione di Giorgia, ingiustificata a mio avviso, nei confronti della salute del pollame nostrano, sono rimasti lontani dalle nostre pance.

Lungo la strada per la nostra cena gratis, in piazza della Repubblica, abbiamo perso un po' di tempo dietro una mostra di arte contemporanea. Tra l'inquietante e l'assurdo: una stanza coperta di muffe, un video di un tizio che scava una galleria nel suo ufficio, delle rovine in polistirolo e tanta perplessitudine nei confronti della nostra inadeguatezza a capire certa arte, o dell'inadeguadezza di certa arte a chiamarsi, appunto, arte.

Dopo una faticosa sgomitata per tornare in centro, dopo un fallito tentativo di entrare al museo Egizio per via della coda mostruosa e del prezzo del biglietto non gratuìto, ci siamo diretti al museo del risorgimento e accodati alla massa di gente, poco definibile coda per via della forma a cuneo, prendendo parte alla rivolta popolare verso il custode del museo che alle 23.00 ha cercato di chiuderci fuori: la gente, imbestialita ma forse a torto, ha semplicemente continuato a salire la scalinata ignorando il poveretto, che si sbracciava e urlava, riversandosi nelle sale e condedendosi la visita del museo fino ben oltre la mezzanotte, orario previsto di chiusura.

Noi abbiamo fatto un giro veloce, perchè per la mezzanotte ci siamo diretti al vicino museo di scienze naturali nel cui cortile i Lou Dalfin hanno suonato courente, gighe e scottish con quel loro misto di ritmi e sonorità antiche e moderne tra la ghironda, l'organetto, la batteria e la chitarra elettrica. La gente non riesce a star ferma, complici i soliti impallinati di danze occitane che guidano e si prestano a far da esempio per far ballare più gente possibile. Così anche noi, tra qualche raro pestone e tanta buona volontà non sempre ripagata da buoni risultati ci siamo lanciati a ballare, ora stretti stretti, ora guardandoci negli occhi. Forse, dopo due ore, abbiamo capito come ballare la courento. Forse.

Mica finita la notte, ci manca ancora almeno un museo visto che la metrò è impraticabile date le code che serpenteggiano per tutto il piazzale di Porta Susa, così gambe in spalla e piedi che anelano a secchi pieni d'acqua fresca ci dirigiamo al Po, risaliamo dietro la Gran Madre e arriviamo al Monte dei Cappuccini dove il museo della Montagna, da poco ristrutturato e oggi gratuito, ci permette di godere di una vista stupenda sulla città notturna dalla terrazza in cima. Peccato per il museo, che appare oggi molto più spoglio e meno interessante di come fosse prima.

Basta, ormai si sono fatte le cinque del mattino e tutti e due crolliamo, un passo dopo l'altro, raggiungiamo casa e letto. Soddisfatti, distrutti.