Il temporale estivo
Quando fuori piove, quando dalla cornice della finestra si vedono i lampi e il ticchettio delle gocce di pioggia tamburella sul tetto, non è bello trovarsi in mezzo alla strada in bicicletta. Quando poi si tratta di quei cupi e rapidi temporaleschi estivi, di quelli che arrivano all'improvviso oscurando il cielo e che se ne vanno altrettanto in fretta facendo nuovamente spuntare l'azzurro tra i nuvoloni neri, imprevedibili e birboni, allora ci si sente davvero alla mercè degli elementi.
Le prime gocce mettono in guardia il pedalatore dueruotista incauto allargandosi sulla maglietta o colando sulle lenti degli occhiali. Il dubbio, tra continuare o ripararsi sotto la prima tettoia, viene rapidamente lavato via dal progressivo crescere d'intensità dell'acqua come una doccia aperta all'improvviso. Quel dubbio, che forse sarebbe meglio trovare riparo, si trasforma in passata certezza: sarebbe, si, stato meglio cercarlo, prima. Ma siccome tra i te l'avevo detto e i non dirlo neppure che porti sfortuna non resta che bagnarsi, questi temporali estivi sono capaci di trasformare l'incauto biciclista da pedalatore a naufrago sfruttando la naturale galleggiabilità dei copertoni, di cui ne possiede ben due, lottando contro la corrente e le secchiate d'acqua nel migliore spirito dell'ormai defunto Giochi Senza Frontiere su strade dove automobili sollevano onde oceaniche e le corsie si trasformano in fiumi in piena.
No, questa sera l'ho scampata per poco, la lavata. Però mi ha fatto tornare in mente un episodio di qualche settimana fa.