Balaklava

Sebastopoli (1)

Bisogna fare un encomio al popolo ucrainao per la sua disponibilità verso gli stranieri che non parlano la loro lingua: già per la seconda volta oggi un tizio è sceso dall'autobus solo per accompagnare noi al nostro bus. Al tempo stesso però bisogna fare ironici complimenti alla disorganizzazione follemente caotica che regna quasi ovunque. Ad esempio i biglietti del treno: se li si vuole ocmprare per oggi si va alla stazione, se sono per un altro giorno occorre scoprire dove si trova la "zavtra kassa", di solito in centro, e se li si vuole comprare con partenza da una altra stazione alle volte, come a Yalta, c'è ancora un'altra biglietteria. Quella di Sebastopoli, per raggiungerla, occorre attraversare a piedi senza sottopassi o semafori una serie di binari della ferrovia. Per fortuna, ed è la nostra salvezza, troviamo sempre persone gentili disposte ad aiutarci e bene o male da queste parti i giovani parlano sempre un po' di inglese, anche se a volte molto poco.

Questa mattina ci svegliamo stanchi dopo una settimana passata a cambiare città tutti i giorni. Finalmente la prospettiva di fermarci più di una notte nello stesso albergo ci rincuora. Cominciamo a girare la parte centrale di Sebastopoli in un caldo umido tremendo che collabora alla nostra stanchezza. Imbocchiamo, sulla collina, un parchetto molto decadente e scuro per le fronde fitte degli alberi, dove si tiene un mercatino di cianfrusaglie: elmetti russi e tedeschi, spille con la svastica e monete vecchie, compresa una da 500 lire italiana, bandiere con la falce e il martello, vecchie bottiglie di vetro verdi e vuote e un sacco di altri oggetti più o meno antichi che vengono esposti su teli posti per terra mentre personaggi nel complesso dall'aria poco salutare conducono trattative.

Saltiamo su un filobus che percorre la Lenina fino a "5km" una delle stazioni degli autobus di Sebastopoli per recarci da li a Balaklava, il paese che ha dato il nome al famoso copricapo e noto anche per la carica dei '600. Siccome dovrebbe trattarsi di un luogo di mare siamo sorpresi quando ci sbarcano su una collinozza secca e desertica con un piccolo gruppo degli ormai soliti raffazzonati decrepiti e pittoreschi palazzacci sovietici in mezzo al nulla: capiamo, un po' a gesti e un po' a intuito, che saremo dovuti scendere prima allo "zentr" per cui ripercorriamo un po' di strada indietro con un altra masrutka e finiamo in un paesello bianco incassato, e protetto, da un ramo del mar nero tipo piccolo fiordo da dove, incessantemente, partono e arrivano barche cariche di bagnanti e gitanti.

Alla ricerca di una spiaggia per fare il bagno e lavare via la calura che ci opprime risaliamo il fianco della collina, gialla e con sparuta vegetazione arbustiva, fino a scoprire uno spettacolare panorama mozzafiato su scogliere aspre a picco su un mare nero, di nome e di fatto, che si perde a vista d'occhio. Risaliamo fino alla cima della collina dove ci sono i pochi ruderi seccati dal sole di una fortezza Genovese: tre torri in pietra gialla dove tre gabbiani ci passano vicino litigandosi un pescetto appena pescato proprio di fronte a noi due.

Ridiscendiamo fino al porto e ci imbarchiamo, non senza qualche difficoltà logistica, per piazzarci su una spiaggia grossomodo sperduta lungo la costa dopo Balaklava, raggiungibile solo tramite barca, e quale può essere l'attrazione massima? Ma ovviamente noi, i due italiani mai visti prima in zona! Prima un gruppetto di ragazzini e ragazzine, dui 10 annoi, stupiti soprattutto che io non fumassi (ma sono un uomo o no?) poi un tizio, incuriosito dalla nostra parlata scambia con noi qualche parola di inglese imparato ad Abu Dabi, poi ancora una ragazza bruna che campeggia in loco con un ottimo italiano ci racconta di aver fatto a lungo la ragazza alla pari in un posti vicino a Napoli. Non parliamo poi degli sguardi perplessi e sbalorditi di quanti finiscono a tiro d'orecchio dei nostri discorsi.

Il ritorno dalla spiaggia lo facciamo su una vecchia nabve arrugginita chiamata "Mercury" mentre un sacco di gente viaggia in direzione contraria carica di attrazzatura per passare la notte a campeggiare sulla spiaggia.