Dinipropetrosk (1)

prima parte

Dinipropetrosk: 1.600.000 abitanti probabilmente la più grande cittadona dell'Ucraina centrale la prima cosa che colpisce sono le dimensioni enormi, gli spazi vasti del corso Carla Marxa (è maschile) larghissimo stradone principale intorno a cui sorgono i centri commerciali e i negozi all'occidentale, che raccolgono tutta la vita diurna e notturna della città. Dopo aver acquistato una cartina, scritta in russo, ci mettiamo subito a cercare una sistemazione che sia economica e centrale per parcheggiare i nostri trolley e sentire un angolino della città come casa benché solo per una notte. Seguiamo le indicazioni della nostra guida, perquanto sia già carente visto che non include una cartina nemmeno minima del posto, uscendo di pochi isolati dalle vie centrali.

Ci si para immediatamente davanti un panorama di palazzoni grigi e decrepiti in cemento, cadenti a pezzi e con le finestre, quando presenti, l'una diversa dall'altra come un grosso patchwork multicolore ma triste. Un "isolato" contiene almeno sette o otto grossi palazzoni alti più di dieci piani e lunghi lunghi, sporchi guasti marci e vetusti. Ci inoltriamo tra due di questi alla ricerca dell'hotel tra tubi rotti strade dissestate e grossi macchinoni costosi che stonano fortemente con il contesto. All'interno del palazzo una guardia giurata con la pistola ci indica un androne estremamente elegante e pulito, incredibilmente moderno e e luccicante nelle mattonelle linde e nuove. L'hotel è al completo e quindi ci dirigiamo nuovamente fuori verso il secondo della nostra lista scavalcando eterni lavori in corso, dribblando automobili che usano il grosso marciapiede come strada e passando di fianco a uno stadio in costruzione (forse abbandonato?). Troviamo l'hotel Sport proprio vicino allo stadio, che fantasia, e entriamo. L'interno non è troppo male anche se una generale aria di muffa e fumo pervade l'ingresso basso. La tizia alla reception non riesce, o non vuole, intavolare una comunicazione con noi così passiamo una mezzora a cercare di spiegarle che vogliamo una stanza per una notte (e dire che siamo in un hotel...), servirà poi l'intervento di un cliente che mastica un po' di inglese per capire che la donna ci sta chiedendo fino a che ora vogliamo restare, la mattina dopo.

Tra la notte dormita male, il forte impatto emotivo dei palazzoni decrepiti stile libano sotto i bombardamenti e l'osticità di comunicazione, anzi proprio aperta ostilità palpabile, decido di voler fuggire verso luoghi più ospitali quindi trascino via la mia bella, piuttosto incavolata, e torniamo lungo il Carla Marxa fino all'hotel Centrale dove per un prezzo esorbitante (per l'Ucraina si intende) ci danno una bella stanza con tutti i lussi dalla doccia privata all'aria condizionata: unico neo, ci danno un solo asciugamano della doccia, che sia un chiaro invito? La sorpresa, inoltre, è la vista: direttamente sulla statua di Lenin.

Ci dedichiamo quindi a girare la città puntando dritti sul fiume Dniepr che ci accoglie verde e melmoso, vastissimo e impressionante. Il po al confronto è un rigagnolo di montagna anche alla foce, e soprattutto pulitissimo rispetto a quello straterello verde chiaro che galleggia due dita sotto il pelo dell'acqua e sufficentemente densa da trasportare, seguendo la corrente, piccoli rifiuti mentre quelli più pesanti sprofondano lasciando buchi neri che si richiudono poco dopo con un immaginario rumore di risucchio. Il lungo fiume è uno spettacolo misto di una zona risistemata da poco e ben lastricata ma ricoperta da uno strato di vetri di bottiglie rotte e rifiuti vari. Tramite un ponte assurdo che un gruppo di operai sta distruggendo, con fiamma ossidrica e martello pneumatico, sotto i piedi dei passanti raggiungiamo l'isolotto con il luna park anni '70 tutto arrugginito e le spiaggette dove un sacco di gente sfida allegramente la melma facendo, coraggiosi o incoscenti, il bagno nel Dniepr. Cosa che ci da i brividi e mette paura alla sola idea mentre sorvoliano l'acqua verde con delle vecchie e lente piccole ovovie aperte verso, nuovamente, il Carla Marxa e il centro cittadino.

Il resto della giornata trascorre girovagando, entriamo in un paio di chiese ortodosse sempre piene di icone, candelabri e donne velate, giriamo per le strade secondarie tra palazzoni decrepiti, areee verdi assolutamente incolte e centri commerciali occidentali che sorgono come funghi d'estate. Che fare domani? Decidiamo di prendere un autobus e recarci nella non lontana città di Zaparosce, la migliore apoteosi dell'ex-sovieticità che ci possiamo permettere in questa vacanza.