Odessa (2)

parte seconda

Oggi sveglia tardi, per recuperare un po' di stanchezza. Poi colazione: in questo albergo non c'è la cattedra per la maestra ma comunque non manca un tavolino da cui la caposala supervisiona la distribuzione del cibo rigorosamente fino alle 11.00 ora in cui partono tutti in quinta a smantellare la sala proprio rimuovendo fisicamente i tavoli. Non si fa in tempo a lasciare un piattino vuoto sul tavolo che sparisce portato velocemente via da troppo zelanti cameriere bisontinee. Il menu è praticamente lo stesso della scorsa colazione eccetto la presenza dei pankakes.

Destinazione: la spiaggia di Arkadia per vedere come sia fatto questo famoso mare Nero, prendere un po' di sole e far abbronzare la mia bella visto che per me c'è poca speranza. Ovviamente anche per curiosare in giro. Dopo un po' di girovagare fermiamo una signora e chiediamo aiuto: ci insegna a fermare le mashrukte (avete presente i Ducati? ecco, attrezzati con una decina di posti a sedere) semplicemente stendendo una mano al suo passaggio e sbracciandosi adeguatamente in mezzo alla strada, salire mentre ancora si ferma e pagare quando si scende.

Sul mezzo troviamo due ragazzi (grosso modo, ragazzi) di Padova che hanno deciso di passare le vacanze al mare qui per dieci giorni invece di andare a Rimini. Questo quindi significa che tra tre anni il posto pullulerà di italiani a branchi, ma oggi è ancora abbastanza normale e scambiano un po' di impressioni con questi due, ci facciamo dare anche un po' di informazioni utili.

Arkadia: strip super turistica dove mega alberghi alti trenta piani crescono come funghi (tempi medi: pochi mesi per tirarne su uno dal nulla) e nuovi palazzoni di appartamenti per russi in costruzione costeggiano il mare a pochi metri dalla riva. La spiaggia ha una parte grossa di sabbia rigurgitante gente: ragazze carine in costumi attillati e famiglie con bambini scorrazzanti. C'è poi una parte più stretta, appartata e tranquilla con meno gente ma il cemento al posto della sabbia che scende fino in un acqua comunque sporca, piena di rifiuti lungo il bordo e chiazze oleose. Petroliere e grosse navi porta container passano al largo mentre moto d'acqua e piccoli motoscafi solcano le acque fino a riva. Troppo vicini a riva per i nostri gusti. Dei ragazzetti si divertono a fare tuffi da un vecchio piccolo trampolino tutto arrugginito e una grossa signora tipo vù cumprà gira per la spiaggia: solleva una grossa sporta da cui tira fuori pannocchie bollite e pesci secchi salati.

Il ritorno, seguendo la costa vicino al mare, è una lunga passeggiata in un verde molto fresco ma pochissimo curato e anche un po' squallido. Alla fine, per tornare in città, prendiamo una piccola cabinovia fatta da metalici cestelli biposto colorati vivacemente forse per nascondere la ruggine. Odessa ci riserva ancora altre sorprese al mercato: uno spazio in parte aperto e in parte coperto, enorme, dove centinaia di banchi vendono frutta e verdura, pesce e scarpe, vestiti e carne, qualsiasi altra cosa. Al confronto anche Porta Palazzo, mercato centrale di Torino, sembra un piccolo mercatino rionale. Signore accovacciate a vendere verdura del loro orto e polli già spennati, gente che vende pomodori accatastati nel baule della macchina, un signore vende patate in un vecchissimo carro militare in legno mentre da tutti gli angoli le bancarelliste, predominantemente donne, ci chiamano offrendoci incomprensibili prezzi eccezionali per gli ultimi pezzi rimasti a fine giornata.

Ceniamo, e facciamo la spesa per il prossimo viaggio in treno nel più grande e occidentale centro commerciale del centro: Europa. Quando ripassiamo per l'albergo a recuperare i bagagli evitiamo con molta accuratezza di farci riconoscere da un gruppo di quattro giovani italiani che discutono se a Odessa, a differenza di Yalta, le donne si trovano a prezzi più abbordabili. Ora, in stazione, il nostro solito platzekarte è caldo come un forno e ovviamente il finestrino è bloccato. Come al solito, viene da dire. Nostra vicina una volenterosa signora con figlioletto addormentato che occupano i due letti in basso: benchè come al solito non parli che russo si riesce un minimo a comunicare tra gesti e dizionario (anche se pare che non riesca a leggerlo). La mia bella è brava, se la cava molto meglio di me tra intuito gesti e buona volontà.