Central Oregon, verso Burns

Ancora una lunga, meravigliosa, corsa verso sud

Al nostro risveglio ci ha accolto una giornata coperta, nella notte ha piovuto molto ma non fa freddo. Appena usciti da Tri Cities i nostri occhi hanno potuto godere di un panorama semplicemente stupefacente. Il terreno intorno a noi, per lo più piatto, ha dei colori vivaci e brillanti: gialli che si mescolano ai verdi pastello sfumando in mille tonalità di marrone, qua e la punteggiate di cespugli bruciacchiati. Alzando appena lo sguardo ad est la linea dell'orizzonte è oscurata da minacciose nuvolone nere: uno strato alto e spesso sottolineato da altre nuvole scure e basse che come rotoli di cotone nero avvolgono il paesaggio. Ad ovest invece il cielo azzurro con qualche bianco sbuffo all'orizzonte porta buoni presagi per il resto della giornata.

Siamo in Oregon. Le grandi pianure colivate a vite e grano hanno lasciato il posto, appena varcato il confine, a un panorama di arbusti e bassi cespugli verdastri intorno al letto del Columbia che è una spettacolare gorge desertica dove l'intenso blu pastoso dell'acqua fa contrasto vivace con i marroni delle rocce e il giallo della terra bruciata intorno.

La OREGON37 ci sta portando lontano dal Columbia verso sud. E' una stradina secondaria che corre tutta curve nel letto di un preistorico fiume testimone di ere geologiche. Ogni tanto incrociamo delle casette isolate, piccole fattorie che vivono coltivando fazzoletti di terra ricavati nella poca terra fertile riportata sul fondo del letto del rivo asciutto. Quando la strada sbuca sulla superficie della pianura, forti raffiche di vento giustificano la piatta e desolata vastità di territorio che ci circonda.

Da Pendleton in avanti la ORE395 punta decisa verso sud attraversando il nulla sotto forma di praterie e piccoli canyon tracciati da fiumi spariti da millenni. Tutto il terreno e le rocce che ci circondano sono chiaramente di origine vulcanica, si vede dallo strato di colore scuro e dalla consistenza porosa. Intorno a noi, nulla. Intendo dire che per miglia, decine di miglia, a perdita d'occhio, tutto ciò che lo sguardo abbraccia sono solo distese di erba gialla, leggere pendenze e qualche steccato che si perde all'orizzonte delimitando il nulla con la strada. Non si vedono animali, uccelli, non altre auto, non case o costruzioni, non si vedono persone, non ci sono altre strade. Solo la nostra striscia di asfalto, erba gialla e rocce.

Poi quasi all'improvviso la strada si eleva di un centinaio di metri e la ORE395 si immerge in un ambiente completamente diverso fatto di alberi verdi frondosi, un fresco ruscello: siamo nella Battle Mountain Forest che appare dal nulla all'improvviso senza dare il tempo allo sguardo di abituarsi. La strada tortuosa si annoda tra file di alberi su e giu per vallette tranquille e deserte.

Abbiamo attraversato Dale, da cento chilometri il primo nucleo abitato. Sono esattamente sei edifici tra cui un ufficio postale che fa da negozietto e un distributore di benzina. Un camion parcheggiato completa la desolazione del posto e subito dopo la strada fugge correndo solitaria nella foresta che si va diradando.

Dopo Long Creek e Hamilton (5 abitanti) la nostra nuova strada (ORE402) ci conduce tra colline sedimentarie dai colori rossi intensi e bianchi perlacei. Tutto intorno a noi la terra, le colline, sono strati su strati di sedimenti compatti e argillosi, roccette friabili che sembrano roccia allo stato ancestrale. Fianchi di colline verdi e marroni ci offrono squarci verticali sui mille diversi strati di terra e pietra che compongono il fondo di un antichissimo lago, enorme come gli spazi che ci stanno accogliendo.

Sono più di 120 miglia (circa 200km) che abbiamo lasciato l'ultimo centro abitato degno di questo nome e queste strade interne ci riservano sorprese e meraviglie ad ogni curva. C'è un solo modo per apprezzare l'infinita varietà e bellezza di questi posti ed è macinare miglia con un auto lasciando le higways per le strade secondarie. Ora i depositi rossi e bianchi hanno ceduto il posto a vere miniere a cielo aperto di minerali verde rame che incorniciano una bella valletta coltivata sotto picchi di arenaria a strati che ricordano la valle della morte nei loro colori rossi e marroni intensi.

Sulla strada abbiamo visitato John Day Fossil Bed che è un sentiero di circa un chilometro che si addentra tra stupefacenti strati di fondali marini e ossidiana nerissima. Terra verde si mescola a rocce rosse, colate bianche si interpongono puntinate di nera ossidiana e le creste di tufo mangiato dal vento e dalla pioggia danno al luogo un contorno selvaggio e nitidamente meditativo.

Proseguiamo lungo la ORE19, in una vallata sbalorditiva dove ogni angolo è un tripudio di colori ricchi, densi, pastello: ocra, rossi, verdi, gialli, blu. Il contrasto tra il rigoglioso verde della vegetazione bagnata dal ruscello blu pastello e i colori intensi, caldi, della roccia e della terra sui fianchi brulli e desertici, scoscesi e frastagliati impedisce di distogliere lo sguardo.

Come corona su questi panorami mozzafiato un cielo bianco con grandi chiazze azzurre condisce con la giusta luce che genera i migliori chiaro scuri risaltando colori e dettagli. Sembra di viaggiare dentro un dipinto.

Siamo alla fine, dopo circa 350 miglia (500 e più km)percorse da questamattina. Siamo arrivati a Burns per le 18.00 e abbiamo preso possesso della stanza nel nostro motel che ci ha accolto con una stanza pulita e quasi elegante.

Columbia River Gorge John Day fossil beds Verso Burns