La partenza

Inizia il viaggio, di nuovo su un volo intercontinentale

Siamo davanti al gate 04, aereoporto di Torino Caselle. In partenza, questo è il nostro giorno più lungo e in senso molto stretto: le nove ore di fuso orario tra l'Italia e la costa ovest degli USA si aggiungeranno alle 24 ore della giornata trasformandola in una giornata di 35 ore. Quasi un sogno quando diciamo che un giorno non è mai abbastanza lungo. Non vedo l'ora di essere in aria, adoro viaggiare e soprattutto volare. Francesco è in bagno, siamo tutti eccitati, lui incredulo che l'avventura stia per cominciare. Daniela ci aspetta, e gli aereoporti sono tutti per noi.

Ora siamo sul Boeing 767 della American Airlines, dopo lunghe e interminabili procedure di controllo per la sicurezza. Al check-in una famigliola francese ha dato spettacolo mettendosi a spostare bracciate di vestiti da una borsa all'altra per equilibrare i pesi e non pagare un supplemento bloccando tutta la coda per più di mezzora. Ad un certo punto il nastro trasportatore è partito per sbaglio e quasi il marito finiva dentro a una borsa. Gli sguardi tra i passeggeri in coda e il personale dietro il banco si sono sprecati, tra il divertito e lo scocciato, ma per lo più la gente osservava la scena ridendosela sotto i baffi. Non ha senso avere fretta quando sei in coda per il check-in di un volo intercontinentale di 11 ore.

Ore 14, fuso Italiano. Dopo una mezzora di ritardo dovuto a problemi tecnici (una porta non si chiudeva) siamo finalmente decollati per le nostre undici ore di volo, fino a Dallas. Le ore stanno passando tra un pisolo, la lettura di qualche pagina e i pasti che ci servono. L'impianto di proiezione è guasto per cui non vedremo nemmeno un film. Francesco si sta dilettando con l'inglese leggendo un giornale e parlando con le hostess. Nemmeno carine in realtà!

Sotto di noi, da ore, una distesa bianca di nuvole come cotone, o come un mare di neve, fatto di curve e morbide chiazze di colore diverso. Come sarà il tempo su Dallas? Per ora, una lunga distesa bianca in tutte le direzioni.

Francesco si ascolta un CD, io scrivo qualche riga mentre questo specie di limbo che ci ha strappato all'Europa per depositarci nel cuore del continente americano trascorre ora dopo ora sempre uguale con il rombo dei motori intorno a noi e la calma rilassante del cielo blu sopra e bianco sotto di noi.

Pisolino, ora sveglia. Francesco dorme, fuori sempre mare bianco, sempre giorno, mentre il segnale di allacciare le cinture è stato acceso. Che il mare di nuvole stia spumeggiando fino a raggiungerci? L'aereo vola liscio, tranquillo, il rombo dei motori quasi una droga nel suo costante ronzare, la cabina cede al sonno, le conversazioni si zittiscono. Qualcuno parla ancora, sommessamente.

Fuori bianco sotto di noi, azzurro riflesso di bianco sopra di noi come per sottolineare l'inversione dei ruoli: il cielo sotto e il mare sopra. Fuori dal finestrino si vede la punta dell'ala che svetta alta e per fortuna anche solida! Difficile credere che sia l'unico ancoraggio che abbiamo con il mondo che ci circonda.

Sono le 17.45, ora italiana, fuori sempre bianco e le ore non passano più, tutte uguali infilate una dietro l'altra scorrono con faticoso attrito su un tappeto di nuvole ininterrottamente da ore e dall'Europa. Piccoli squarci mostrano raramente sconfortanti isole azzurre di oceano atlantico sotto di noi: siamo ancora lontani dalla nostra meta.

Ore 19.30, dopo ore ma ormai già da un po' stiamo sorvolando terra. In aereo c'è stato quasi un grido di soddisfazione da marinai alla sua prima apparizione sotto di noi, ci sentiamo tutti un po' parte della ciurma di Colombo.

Ore 24.00, fuso italiano, più di preciso sono le 17.00 o forse, addirittura già le 16.00? Il trasbordo a Dallas è stato piuttosto burrascoso. L'immigrazione ci ha preso da parte per farci un tot di domande. Siamo stati portati in una stanzetta con qualche ispanico seduto in un angolo e un po' di poliziotti americani vestiti proprio come nei film con manganelli, manette e revolver alla cintura. Qualche domanda di rito, e ci hanno lasciati non prima di dare a Francesco modo di provare sul campo il suo inglese con qualcun'altro che con una hostess... E poi, il 25 aprile è la festa della liberazione, ribattezzata "freedom day" in una traduzione di Francesco.

Nonostante tutto, siamo riusciti a salire sull'ultimo aereo della nostra lunga giornata e ora siamo in volo verso Seattle. Il tempo, sorprendentemente ormai, è nuvoloso! Tanto per cambiare. Speriamo che su Seattle almeno sia un po' meglio. Per ora è un miracolo se si vede la punta dell'ala dell'aereo dal finestrino.

Francesco è morto di stanchezza, ora forse dorme o per lo meno ci prova. Ore 8.00am per il fuso italiano, ore 23 per il fuso della costa pacifica. La stanchezza ormai monta inesorabile e troppo presto crollerò, queste saranno le ultime righe di oggi.