Ritorno

Quello che mi piace dei bagni degli aerei è che sono così piccoli cheriesco tranquillamente a appoggiarmi con la testa al soffitto curvo, lasciando così entrambe le mani libere per sorreggere, beh, quello che in certe situazioni necessita di adeguato supporto per compiere la prevista funzione senza condire eccessivamente i dintorni dell'obiettivo da centrare.

Così anche questo viaggio deve arrivare alla fine e così ecco che sto ancora una volta attraversando il continente nordamericano da una costa all'altra, questa volta però comodamente seduto su un nuovissimo Airbus 319 della Frontier Airlines, compagnia con base a Denver, Colorado, che opera con molta efficenza e piacevole comfort, sedili ampi e spaziosi su aerei moderni equipaggiati addirittura di televisione personale e film a pagamento, e un animale diverso dipinto sulla coda di ciascun aereo. Giusto le hostess lasciano un po' a desiderare spaziando dall'elefante vagamente valkirico se non fosse per la taglia all'efficente e rapida signora dallo sguardo assassino che minaccia la gente a colpi di "prego" (in inglese, you are welcome) mitragliati con un tono basso e deciso.

Oltre al piacere di essere nuovamente in volo, attività che mi piace sempre nonostante ormai sia una routine, si aggiunge la soddisfazione di tornare a casa dopo un periodo intenso, soddifacente e arricchente. Gli ultimi due giorni a casa di Mark sono stati del tutto particolari, tra lui che passava metà del tempo a togliere oggetti sempre più assurdi (tubi con scariche elettriche congelate all'interno, scheletri di pipistrelli, bicchieri fluorescenti...) dagli scatoloni del trasloco e il suo quattordicenne figlio Vanja, detto Van, che gioca a Grand Theft Auto tutto il tempo, almeno quando non legge libri di Stephen King presi in biblioteca. Venerdi giornata di relax completo, con passeggiata lungo il vicino lago Washington dove ho incontrato una improbabile coppia composta da una balenottera, nera, arenata e una specie di bambolotto, nero anche lui, dal sorriso zebrato (dente si, dente no, dente si, dente no) originari del Mississippi che mi abbordano con un sonoro "hey, would you take a picture of me?" cioè, mi fai una foto?. Fatta foto, scambiata email per futuro invio, fuggito da schacchiera dentale.

Serata in ghingheri (nel senso americano, cioè una camicia sopra la maglietta) per andare a vedere la nuova casa di Daniela, grazioso appartamento su Bellevue Ave. E. che, come la vecchia casa, mostra lo stile e la personalità riservata e ricca della proprietaria. Tutto sarebbe stato perfetto se Seattle non riservasse, urbanisticamente parlando, certe sorpresine molto poco americane e non si perdesse in un intricato spaghetto di stradine chiamate Bellevue CT, Bellevue Pt, Bellevue Ave, con la numerazione civica che poco aiuta, infatti la strada inizia dal numero 1400, arriva al numero 1800 e da li ricomincia dal 100 fino al 700. Ma tant'è, che siamo arrivati da "Marcello", ristorante italiano di meritata fama ma esagerate pretese dove abbiamo cenato tutti insieme in un allegro e multietnico gruppo composto da un tot di italiani, inclusa Daniela con due suoi amici e Enrico, un ragazzo torinese, un simpatico polacco e uno dei pochi americani (nero, di Cincinnati) che adora la francia amandola in ogni dettaglio, fin troppo.

Prevedevo di passare anche un sabato tranquillo, ma tra il trasloco dei DVD di Mark, che ha richiesto l'impiego delle nostre forze congiunte e del capace vano posteriore della Cocchina, e la preparazione dei tortellini al prosciutto con cui ho deliziato (modestia a parte, come sempre) i palati di Mark e Van mi è passata la giornata. Fortunatamente Mark era molto più tranquillo e rilassato del solito, probabilmente perchè sabato ha dovuto lavorare solo mezza giornata in Microsoft invece che la giornata intera, e abbiamo chiacchierato piacevolmente fino a quell'ora in cui non sai bene se è meglio andare a dormire o tirare dritto vista la mia sveglia alle 3.50 del mattino dopo.

Mark mi ha raccontato la vita in Microsoft, mi ha dipinto una immagine di Microsoft come una azienda fagocitante che pretende che tu adegui la tua vita al suo ritmo e al suo modo di vedere il mondo, dove l'obiettivo di realizzare un buon prodotto sparisce dietro lo sforzo individuale di pararsi il culo, scaricare le responsabilità e dove i programmatori esperti vengono licenziati al posto di giovani pagati la metà, portando in questo modo (per fare un esempio per chi se ne intende) lo sviluppo di Internet Explorer a un punto morto. In breve, una azienda dove la capacità tecnica è in larga parte sparita dietro meccanismi aziendali convoluti e assurdi. Peccato.

Il volo Atlanta-Roma è pieno di italiani che rientrano dopo le vacanze a Miami, romanacci abbronzati al braccetto di romanacce nere nere, con look e portamento inconfondibilmente italiano, per la prima volta da quasi tre mesi c'è intorno a me qualcuno che urla, che parla a volume più alto della media, e soprattutto che ride in pubblico. Italia, sto arrivando.