l'esame

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Il luogo è un po' sperduto la nella nebbiosa e desolata peggio-periferia che una media città contemporanea si può permette di schierare nella graduatoria della depressione coercitiva verso i suoi abitanti. Lunghi corsi, larghi viali e trafficati contro-viali, incroci ingorgati da un traffico diverso da quello del centro che è meno rabbioso ma più rassegnato a pendolare quotidianamente tra l'abitudinario e il consueto.

L'aria è spessa, densa e grigiolina intorno ai lampioni gialli, tendente al nero pece mano a mano che la luce, proiettata parsimoniosamente in basso, l'abbandona al suo destino notturno. Il tardo pomeriggio invernale e freddo sbadatamente diventa notte senza soluzione di continuità.

Un groviglio serpentoso di auto, l'asfalto e poi lo sterrato di un parcheggio dalla lontana memoria di partite di calcio del vicino stadio ormai cattedrale periferica troneggiante su distese di terra e alsfalto. Poco oltre, bassa e gommosa, un'altra costruzione quasi un brufolone in mezzo ai parcheggi dove convergono scie di auto e persone, code di trolley e facce preoccupate che entrano nel brufolone, ne discendono gli spalti sciamando tra i duemila banchi stretti stretti come scolaretti alle elementari.

Qualche mezz'ora in coda all'italiana: una massa di gente accalcata intorno a pochi tavoli, trolley aperti per terra e sventrati del loro carico di libri e codici, impilati sui tavoli e poi timbrati dopo una frettoloa sfogliata da parte del commissario padrone del tavolo. Oltre la barriera dei tavoli accalcati di giacche e libri, timbri a mezz'aria e trolley sfiancati, oltre la distesa del campo di battaglia, le trincee serrate che da domani saranno il barlume di realtà in cui aggrapparsi nel marasma della giurisprudenza, delle sentenze e degli atti, nell'incubo dell'esame di stato.

Al centro del brufolone, il Palco della Commissione. Sopraelevato simbolo del potere di chi deve controllare, frusta alla mano, che la generazione di aspiranti avvocati al di sotto proceda alla ordinata stesura delle tracce, senza bisbigli ne vigliacche copiature. Che la serietà e l'ordine dello stato sia rispettato, che il decoro dell'istituzione e la forma della legalità venga ripristinata sulla testa (e sul gruppone) dei quasi duemila sfigati sotto di loro.

Ovviamente, "sotto", bisbigli e lavoro di gruppo, che uniti ci si fa forza, tanto, che senso ha quando plichi di fogli protocollo vengono letti e corretti nel tempo necessario a sfogliarli, quando i voti sono assegnati col misurino per arrivare esattamente un punto sotto la sufficenza, quando la percentuale dei promossi è misteriosamente fissa ogni anno indipendentemente dal numero di iscritti o dal livello degli elaborati.

Resta lo stress, sia vissuto che riflesso, le notti insonni e la preoccupazione al massimo, la paura, e un enorme senso di impotenza. All'anno prossimo, comunque vada, forse i risultati entro giugno, altrimenti di nuovo a dicembre per il prossimo tentativo, altro giro, altra corsa.