La piscina

All'ingresso, è l'abbassarsi di una maniglia che ti trasporta in un ambiente denso di una umidità avvolgente e calda, che all'uscita sembrerà perfino fresca e asciutta dopo essere stati immersi, più che letteralmente, nell'aria ancora più umida dei locali successivi.

L'uomo, dalla faccia larga, incassa il dovuto per un ingresso e timbra il corrispettivo cartellino invitandoti con un gesto molto metaforico a proseguire, come un caronte che non si degna nemmeno di accompagnarti: toccherà a te nuotare fino all'altra sponda.

Proseguendo nel rito, si tolgono le scarpe e ci si spoglia passando da un locale a quello successivo, nell'ideale purificazione spirituale da creatura terrestre e pressappoco bipede a natante grosso modo affogante. Il rito prevede la vestizione: accappatoio, copriputenda e ciabatte. E il sacrificio: spogliarsi, scalzarsi, e immergersi nella vasca azzurra e ondeggiante.

La catarsi inizia poi, bracciata dopo bracciata, per raggiungere l'altra metaforica sponda (da, attenzione, non confondere con l'Atra Sponda di più concreto orientamento sessuale) dell'essere, traghettandosi fisicamente da mollicci sedentari a prestanti baywatch. Almeno, nelle intenzioni.

Raggiunta l'altra sponda un numero sufficentemente alto di volte, dove per sufficentemente alto si intende proporzionato ai propri obiettivi individuali, si può quindi procedere al rito del rientro nella condizione degli aspiranti bipedi tramite un altetico balzo fuori della vasca e doccia purificante, o per lo meno risciacquante.

Il cartello minaccioso "vietato fare la doccia senza costume" viene sfidato solo da un vecchietto evidentemente non più preoccupato di mostrare le ormai inutili (almeno nella pratica) spenzolanti pendenze. Nessuno appare comunque turbato, non è ne il luogo ne il momento: tutti sono più impegnati nell'asciugarsi, rivestirsi e quindi riemergere verso l'aria aperta e fresca, a respirare e continuare la propria esistenza per un'altra settimana.