La volpe incontra il corvo

Una grande amicizia

La fredda giornata soleggiata dell'autunno volgeva verso la sua naturale conclusione serale mentre la volpe zampetta la sua via lungo i pendii collinari che dovrebbero portarla dall'altra parte della pianura, oltre il confine simbolico della sua vita vecchia verso il domani, qualsiasi cosa possa riservare; dovrà aspettare un domani molto più concreto e meno simbolico per vedere che cosa ci sia oltre la collina perchè causa stagione piovosa e sentieri non certo tracciati dalle mucche esperte alpiniste di ben altri costoloni, si trova a sprofondare nel fango spesso fino al ginocchio inprecando al dio del fango circondata dall'intera gamma di suoni di risucchio da far invidia al peggior lavandino ingorgato.

Le parti più infide sono quelle ricoperte di foglie secche, dove i crateri di fango sono nascosti da apparentemente innoqui strati di cellulosa in decomposizione che come i migliori pericoli della natura si ammantano di mille colori caldi per intimorire, o fregare, gli ignari. L'aria invece è fredda, preludio alla stagione che sta per iniziare, e porta immagini di fiocchi di neve che cade, caminetti accesi e guanti caldi. Alla volpe però tutto questo importa poco al momento, perchè mentre chi immagina si trova di solito già al caldo lei sente sulla faccia l'aria fredda e guarda con apprensione alla luce sempre più cupa e al sole sempre più basso dietro di lei.

L'imbeccata del lucertolo si è rivelata giusta e presto il sentiero ha iniziato a salire portandola sempre più in alto solo che il terreno da solido e battuto è diventato molliccio con il passare delle ore e salire sempre più difficile così, adesso, a meno di un'ora dal tramonto la cima del pendio sembra sempre più lontana e mentre lo sconforto sale lentamente prendendo il posto dei buoni propositi la determinazione lascia spazio alla preoccupazione di non farcela.

Se questo non bastasse il bosco sembra non finire mai, la volpe cammina e cammina sotto gli alberi sempre più spettrali man mano che la luce li illumina dal basso con i suoi raggi obliqui, la leggera brezza del tramonto ha un effetto stimolante sugli alberi che continuano in un diffuso ploppettio di foglie tutto intorno che certo non aiuta a dissipare l'aspetto un po' minaccioso e cupo del bosco che se nel suo complesso si impegnasse un po' di più potrebbe concorrere all'ambito premio Bosco Stregato del nuovo millennio.

Cra. La volpe si ferma di botto con tutte e due le orecchie dritte come fusi a scandagliare l'area a trecento sessanta gradi all'erta con tutte le funzionalità radar o meglio sonar attive a defcon-1. Silenzio con il consueto sottofondo di foglie che cadono onomatopeicamente sul suolo, la brezza continua a schivare gli alberi mentre, percettibilmente, il sole cede ancora un po' di cielo alla sera quasi inciampando. Passa qualche secondo.

La volpe si azzarda a muovere un passo in avanti. Cra. Immobile di nuovo, questa volta le orecchie hanno identificato la direzione: ore due, alzo settantacinque gradi, distanza circa cinquanta metri, suono di chiara origine naturale con una leggera inflessione metallica e un chè di perentorio nell'intonazione della finale, probabilmente un monito a non proseguire oltre un avviso a non oltrepassare un confine, e genericamente una richiesta di identificazione vista la chiara nota interrogativa.

Osservando la scena dall'esterno attraverso gli occhi di un millepiedi che si sta rosicchiando una foglia poco lontano, e ovviamente tralasciando l'aberrazione ottica e cromatica dovuta al curioso apparato visivo dell'invertebrato in questione più adatto a focalizzare un filo d'erba a cinque centimetri che un ramo a dieci metri, avremmo visto la volpe rossa contrastare inequivocabilmente sul letto grigio e marrone di foglie e fango come congelata mentre un provvidenziale raggio di sole illumina poco più in alto su un albero vicino un corvaccio nero dall'aria un po' spennacchiata con le penne disordinate e una riga di grigio quà e la a venare le piume più soffici della pancia.

"Hoi, amico!" si potrebbe tradurre dal corvese il secondo "cra", mentre il primo risuonerebbe senza dubbio come un "halt!" se la nostra volpe parlasse la lingua del corvo. Però tra volpi e pennuti di vario genere non c'è mai stata molta simpatia forse derivante dalla dieta del quadrupede che quando deve non disdegna le penne come stuzzicadenti, e si sa che le penne più sono fresche meglio è.

Quadrupede e pennuto si osservano per un po', poi un gelido refolo annunciatore di tramonti ormai imminenti si insinua con ardore dietro un orecchio del primo sussurrandogli con un brivido di lasciar perdere un altro pennuto pure vecchio a giudicare dall'aspetto, e tirar dritto. Il corvo immobile sostiene lo sguardo della volpe, e per chi ci ha provato sa che un corvo è secondo quanto pazienza solo agli avvoltoi e quasi altrettanto macabro quando vuole, poi sbatte un paio di volte le palpebre.

"Cra!" (hei, amico, dico!). La volpe ha riportato il radar chimico frontale in posizione di ricerca e ha ripreso a trotterellare in una generica direzione diversa da quella da cui proveniva. "Cra cra" (Va be, allora io vengo con te ok? almeno per un po', ok? dai, che ci facciamo compagnia?). Mmm, tracce inequivocabili di civiltà stanno guidando la volpe ora, occasionali foglie fatte a pezzi e buttate per terra, ramoscelli mezzi masticati, rimasugli di picnic scaricati al bordo del sentiero. "Craa cra" (Certo che sei una musona, hei mi stai già simpatica, che ne dici se ci troviamo un posticino caldo dove fermarci per la notte? Ci sarà pure una pensioncina da questa parti, no? che dici?). La volpe ruota un orecchio leggermente di lato in segno di disprezzo per il fastidioso gracchio che non fa altro che seguirla, poi con una impercettibile scrollata di spalle e anche cambia direzione, ma senza riuscire a liberarsi del compagno becchino.

E' nata una relazione che andrà lontano...