La città

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Se potessimo librarci in volo come un uccello sopra una delle nostre grandi città avremmo una rara visione d'insieme del brulicare quotidiano di vite umane e meccaniche, potremmo avendone il tempo lasciar vagare lo sguardo sulle vie e sui corsi a collezionare movimenti e colori. Non ce ne importerebbe però un tubo perchè in quanto uccelli saremmo intenti a puntare qualche sfigato verme o semplicemente a goderci le correnti ascensionali, sospinti dalle vibrazioni del rumore del traffico.

Ci tocca invece vivere immersi nel dettaglio del casuale e ripetitivo moto che ci porta a scavare metaforici solchi nei nostri percorsi quotidiani. Così al mattino vediamo le solite persone con le dita nel naso al semaforo, congelate nello spazio di un rosso dalla finta privacy dell'automobile, le solite facce sull'autobus così solite e anonime che le notiamo solo quando ci sono, mai quando mancano, perchè altrimenti le dovremmo salutare.

Eppure basta poco per trasformare l'attenzione continua al prossimo impegno, al prossimo dettaglio della vita, e fermarsi all'angolo di una strada improvvisamente consapevoli della realtà intorno. Basta allontanarsi da una strada entrando in un parco per riuscire a sentire il rumore del traffico della città che ci circonda, basta una giornata di vento che spazza la foschia facendo sbocciare dal grigio i colori, basta una leggera pioggia per sentire l'odore dell'asfalto. Basta così poco per sconvolgere le soglie dei sensi, che altrimenti sono impostate per filtrare la realtà che ci circonda.

Annegati dentro la musica emessa da autoradio e cuffie, sprofondati con il naso in un libro, un quotidiano gratuito preso in stazione o gli occhi fissi sul traffico che ci precede, il naso offuscato dagli scappamenti delle automobili o da deodoranti più o meno efficaci perchè la vita ha bisogno non solo di azioni quotidiane ma di stimoli quotidiani.

Più strati di vita, differenti livelli di consapevolezza compongono il mosaico strampalato della città. Branchi di veicoli in metallo e plastica, oggi sempre più plastica, affollano le strade tra un garage e un parcheggio, si occhieggiano fermi al semaforo, le piccole utilitarie pettegole sparlano scambiandosi notizie sui loro padroni, le grandi berline si consigliano l'un l'altra le pompe di benzina più gustose, gli autobus prepotenti alzano la voce irosi ai semafori e vecchi forgoncini tirano dritto per la loro strada come cavalli malconci che desiderano il riposo serale e il secchio della biada.

Casuali comunità di persone sudano tutte insieme dentro autobus affolati, frettolosi singoli sgomitano sui marciapiedi dribblando vecchiette cariche di spesa mentre cercano di ricordare dove, oggi, ho parcheggiato la macchina, allegri ragazzini calciano palloni sull'asfalto tra le aiuole di qualche area verde sotto gli occhi di nonni o zie preoccupate da pensieri di siringhe e cacche depositate da cani poco attenti a tutelare i civici doveri dei loro padroni.

Tribù di piccioni spazzolano i marciapiedi alla caccia della briciola scampata ai colleghi pennuti, troppo appesantiti per svolazzare davanti agli esseri umani ma sempre pronti a fuggire all'insidioso gatto randagio e al prevedibile cane guinzagliato. Ma la fauna cittadina, almeno quella appartenente al genere animale con quattro zampe o almeno un paio d'ali, talvolta riserva ben strane sorprese, come i due cinghiali che hanno pensato bene di civilizzarsi e scendere sul lungopò finendo, più che in giacca e cravatta nello studio di qualche commercialista, impallinati sulla tavola di qualche buongustaio.

Testimoni immoti e silenti di questo gorgoglio di vita, i palazzi sono la foresta di cui noi, scoiattoli, siamo sottobosco. Tetti e tegole invece di foglie, rampe di scale al posto dei rami, cantine come radici.