Sabato in collina

Pensieri cittadini

E' una giornata di quelle un po' grigie come capitano solo in certe città sparpagliate su quel triangolo di terra grosso modo piatta annegata nella foschia per gran parte dell'anno che qualcuno preso da smanie di provincialismo vuole innalzare a stato autonomo. Il sole sgomita con l'acqua in gocciolosa sospensione nel cielo cercando, lui, di vaporizzare lei e, lei, di cacciare via lui, sopra le teste di qualche centinaio di migliaia di persone più o meno sfigate che oggi, benchè sabato, non sono riuscite a fuggire verso migliori lidi o più assolate cime.

Così, ignorando chi pigro nel letto si rigira arrotolandosi come un salame nelle lenzuola, chi magari anziano e mattiniero fa la posta all'edicola per sbirciare i titoli dei giornali e chi già in piedi suo malgrado perchè anche oggi lavora, la giornata si appresta a scorrere verso l'indomani e nel frattempo la città continua a muoversi e stiracchiarsi ignara, affossata sul presente.

Cammina di buon passo uno di quei chi di prima che benchè oggi non lavori gli tocca comunque svegliarsi presto grazie a quel provvidenziale orologio biologico interno che scatta sempre alla stessa ora, maledizione di tanti impiegati, dimostrando quanto inutile sia l'evoluzione della specie umana se ancora non si è abituata alle sveglie. Di buon passo, si diceva, costui si dirige come un globulo rosso attraversando le arterie della città, cercando come un calcolo alla vescica la via di uscita verso un po' di verde, alla larga dalle automobili, dirigendosi verso il fiume e la collina.

Attraversato il corposo e denso corso d'acqua che fatica la sua strada verso valle ancora sforzandosi di voler portare a mare la pianura, c'è un piccolo parco stretto e lungo come camino messo orizzontale, forma ideale per un nome triste e pesante: "parco dei caduti nei lager nazisti", oggi forse memoria, per i pochi che lo conoscono, sicuramente tomba per i già rari e intossicati pesci che annaspano prima nell'acqua e poi sulle lenze dei numerosi e volenterosi pescatori di fiume che con canne la cui lunghezza impone deferenza anche al più bugiardo esibizionista sedicente superdotato si danno da fare sul greto del fiume.

L'erba è alta e bagnata, le scarpe si inzuppano, e il sole che arriva diagonale trasforma pescatori e canne in silouettes che si stagliano contro l'acqua, immoti e silenziosi, in armonia con lo sciacquio e l'occasionale bestemmia dei vigorosi vogatori che canotteggiano giù e su per il fiume, nel primo caso più felici e nel secondo più affaticati.

All'uscita del nefasto camino, per la verità ben poco funesto, inizia la collina, tra ville principesche adornate di minacciosi attenti al cane, casette da vorrei e posso senza cani ma con le telecamere, e sentieri poco noti che si arrampicano su e giù regalando piccole sorprese ai camminatori curiosi che abbiano la voglia e la pazienza di seguirli. Così inizia il parco Leopardi triste allo sguardo come le sue poesie al cuore, pieghettato a serpente, ripido, e selvaggio. Pochissimi i viandanti, ma molti gli uccelli che rimpiazzano, sotto un tetto fitto di rami e alberi, con il loro cinguettio il rumore sordo e continuo del traffico poco sotto che svanisce mentre si attraversa questa specie di bosco degno di una fiaba cupa.

Subito, all'inizio, a memoria di tempi compatibili con il primo parco dal nome carico di dolore, l'ingresso di vecchi rifugi anti aerei oggi abbandonati e sigillati portano con loro ricordi di paura e disperazione, rombi sordi di grossi aerei ad alta quota e tonfi pesanti di palazzi che crollano sotto bombe, poco ossimoricamente intelligenti ma molto più schiettamente letali, seppellendo disperati rifugiati in cantina.

Ma la giornata è bella, così i pensieri cupi sono destinati presto a scioglersi, il delicato cinguettio a essere sostituito dal tuonante abbaiare di un cangolone che ribadisce l'antichissimo concetto di proprietà privata, però scodinzolando, dietro una cancellata costeggiante il sentiero interludio tra il cupo parco Leopardi appena abbandonato e il più curato parco San Vito dove una gioia di foglie autunnali pastella come un quadro impressionista sentieri e panchine verdi dotto il sole, per la verità non più così caldo, che consiglia una sosta stesi sull'erba schivando le cacche ad ascoltare il fruscio delle foglie che cadono, il suono dell'autunno che pervade la natura così spesso lontana dalla città di cemento ma, per chi sa cercarla, solo nascosta dietro l'angolo.