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Eh si, si sente che non siamo più ai tropici: sveglia

tardissimo, per i nostri standard recenti, alle sette e trenta del mattino! Alle nove e trenta ci passano a prendere quelli della AkuAku per il tour dell'isola assieme a un nutrito gruppo di spagnoli e sud-americani, Il pulmino è un po' scassato, ormai gli standard sono sud-americani, ma funzionante e adatto alle strade un po' miste (asfalto, sterrato) di quest'isola.

Attraverseremo tutti i luoghi più affascinanti e famosi, un po' troppo di corsa pressati dalla guida più interessata a portarci nel luogo del pic-nic che di farci veramente assaporare l'isola. Non importa, torneremo domani per conto nostro a goderci l'isola con più calma.

Sosta necessaria, ma frettolosa, all'imponente sito di Ahu Tongariki dove i quindici enormi Mohai (alcuni con in testa il cappello rosso, detto Pukai) alti e svettanti sulla loro enorme piattaforma di pietra, schiena al mare e uccellini che fanno il nido sulle loro teste a venti metri d'altezza. Ciascuno diverso e unico nelle fattezze, dai lineamenti del viso ai dettagli del corpo Ciascuno modellato su un personaggio notabile della tribù, almeno secondo le ultime ricostru zioni. Restaurati negli anni '90 e rimessi in piedi, da una ditta di gru giapponesi che aveva trovato un buon diversivo per farsi pubblicità (avete presente il peso di un monolite di venti metri?), dopo che uno tsunami aveva ribaltato tutti i Mohai dell'isola. Oggi restano l'esempio più stupefacente e suggestivo di questa arte del ritratto dell'età della pietra.

Secondo sito visitato, con un po' più di calma questa volta, non molto distante, è Ranu Raraku, ovvero la fabbrica dei Mohai, il cono vulcanico dove venivano intagliati nella pietra con il lentissimo lavoro di decine di persone per mesi, letteralmente estratti millimetro per millimetro dalla roccia e poi messi in piedi e trasportati con delle tecniche, ancora molto dibattute, estremamente ingegnose, oltre che causa dell'estizione degli alberi sull'isola. Ancora oggi in questo sito solamente si trovano oltre 400 mohai (oltre 900 su tutta l'isola) in tutti gli stadi di "escavazione", da appena abbozzati a già in marcia verso un sito di destinazione che non raggiungeranno mai più. Sono qui i mohai della storia di Topolino che mi porto nella memoria, quelli mezzi in piedi e disposti casualmente come se la notte andassero davvero in giro per l'isola. Sarà che quando quella storia è stata scritta a metà degli anni '80, i famosi 15 non erano stati ancora sollevati dalle gru giapponesi.

Saltiamo il pic-nic, bieca trappola per turisti di scarso valore e di nullo interesse, il nostro giro si conclude sul lato nord dell'isola fino alle spiagge dove potremmo (con sufficente coraggio visto il freddo) fare un bagno o passeggiare. Bella, ampia, e sovrastata da altri quattro imponenti mohai col pukao.

Nel complesso è stato un giro abbastanza completo. Abbiamo visitato una serie di altri siti minori, come la pietra magnetica o i vari mohai rovesciati, solo troppo di corsa con una guida tiranna dall'occhio incollato all'orologio. Per concludere in bellezza, da soli, ancora una lunga passeggiata di cinque chilometri da Hanga Roa fino a Ahu Tepau, sito di caverne una volta abitate, per vedere ancora qualche resto arceologico e perderci nella natura brulla e piena di cavalli selvatici di quest'isola. Abbiamo così la possibilità, fuori dalle rotte turistiche battute, di osservare ancora una casa a barca rovesciata e alcuni cerchi di pietre per proteggere la crescita delle piante dal vento.

Sulla strada del ritorno ci imbattiamo in Ana Kakenga, sito di caverne con incredibili opere di muratura che trasformano questi antri in (quasi) accoglienti case collettive suddividendole in ambienti, rendendole asciutte e confortevoli (insomma..), creando tavoli e giacigli, e scalinate strette e facilmente difendibi a proteggerne l'accesso. Finiamo, involontariamente, anche per mescolare l'antico al moderno incocciando la testa con la pietra, lasciando un buon strato di cellule a testimoniare la nostra presenza, o meglio il nosto impatto, su questo luogo.

Rientriamo col buio, scortati da un paio di cani randagi che ci sfruttano per attraversare i territori di altri cani, usandoci come "scudo umano" visto che i loro colleghi quarupedi non si osano avvicnarsi con noi intorno. E' curioso incontrare i locali che si spostano a cavallo sia per la città che per la campagna.

Spettacolo musicale all'aperto e cena economica ma abbondant e a base di pesce fresco a noi sconosciuto, ma molto gustoso. Meno di 30€.

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