La goliardata

una serata fuori

Gli "anziani" colleghi di vecchia memoria esperti trasfertisti e pendolari a scadenza settimanale di lungo corso, sono ben consapevoli di un fenomeno che colpisce chi è costretto dal lavoro, sia per ragioni di pecunia che di stress familiare, a stare lontano dalla propria compagna che sia leggitimamente coniugata o meno.

Questo femoneno viene chiamato, da chi è del giro, "sindrome del venerdi" e si manifesta in crescendo mano a mano che le giornate di trasferta si trascinano una dietro l'altra verso il rientro a casa. Il nome, originariamente, benchè sia stato coniato nelle grandi stagioni delle trasferte settimanali, da cui viene la descrizione che segue, si può facilmente adattare anche nelle situazioni di più lungo corso, come vedremo più avanti.

Di solito quando poi si chiedono spiegazioni agli "anziani" in merito alla definizione di questa sindrome, normalmente si ottiene qualche cosa di simile a: "immagina la segretaria (e qui ci si può sbizzarrire individuando l'esemplare di sesso femminile più inguardabile del circondario); ecco il lunedi ti sembra l'elefante che è, il martedi noti che ha degli occhi allegri, il mercoledi rimani sorpreso dal profilo greco, il giovedi inizi ad apprezzare i vantaggi della carne abbondante e il venerdi la immagini su un materasso di uno squallido motel che rimbalza su e giù, su e giù, su e giù..."

Insomma è quel processo per cui l'inguardabile diventa accetabile, per cui i costumi morali e le soglie di accettazione scendono sempre più verso livelli abietti di degrado e desolazione.

Per tornare a noi, ci sono colleghi che sono qui da mesi e in questi casi la sindrome da venerdì è oramai arrivata a livelli estremi e richiede estremi rimedi. Cosa c'è, quindi, di meglio che passare una serata al "Mardì Gras", noto locale della zona dove si può sia bere alcolici che vedere ragazze disinibite (l'accoppiata infatti è una rarità da queste parti)?

Per non smentirci da quei pezzenti che siamo (o, secondo qualcuno, che l'azienda ci fa diventare) partiamo per tempo cercando di arrivare prima delle 19.00 perchè non si paga l'ingresso, ma il contrappasso della sfiga ci fa arrivare alle 19.05 dopo innumerevoli giri a vuoto così che le nostre implorazioni alla cerbera di guarda l'ingresso sono vane e non ci portano che a sborsare i primi dieci dollari della serata, a cui ne seguiranno altri nella nostra discesa verso il fondo della morale da grattare.

Si tratta di un locale completamente anonimo dall'esterno che nasconde al suo interno un ambiente stile discopub con musica a tutto volume, DJ che saltuariamente inneggia alla ballerina di turno e ragazze sui vari palchi e palchetti che si arrotolano più o meno flessuose sui pali appositamente distribuiti per il locale. Tutto intorno piccoli tavolini con due sedie adatti a ospitare l'abbondante numero di signori soli in cerca di svago e compagnia. Parecchi attempati, diversi uomini d'affari, e il nostro sgarrupato gruppo di sfigati alla ricerca di una goliardata.

Ci piazziamo intorno a un tavolino, assiepandolo in quattro e iniziamo a lanciare allupate occhiate rendendoci ben presto conto che gironzolano per il locale un certo numero di ragazzine abbastanza svestite, ragazze che a uno sguardo più, diciamo, ravvicinato (ma questo verrà solo dopo) si dimostrano piuttosto venali. Ci lanciamo subito a soddisfare, come animali, gli istinti più ancestrali comprando birre e cheeseburger per tutti, seconda magistrale pelata: $100 per quattro burger e sei birre.

Intorno a noi intanto le ragazze così minimalistiche nel gusto di vestire si danno un gran d'affare a guadagnarsi il pane quotidiano sculettando e liberandosi di quelle poche strisce di tessuto che ancora le ricoprono: per la modica cifra di $10 si lanciano in una seducente danza molto strusciata, poi si tolgono tutto ci che resta loro addosso (tranne una fascetta cosciale in cui infilano i soldi) e, nude come il manager le ha volute, continuano per diversi minuti a sventolarsi, e strusciarsi, ogni recondito angolo del corpo (e dico proprio ogni) sotto il naso del malcapitato. O forse, bencapitato. In realtà dipende perchè ciò che luccica alle volte non è pelle giovane e quella che a un paio di metri di distanza sembra una fresca pulzella a un paio di millimetri si rivela una bollita gallina.

Per il nostro gruppetto di scalcinati il gioco nasce come uno scherzo: pagare una ragazza per sventolarsi un po' davanti al collega che domani riparte per casa cercando di sollevargli, se non il morale, almeno qualcos'altro. L'esperimento ha così tanto successo che verrà ripetuto, sempre più in barba ai bigliettoni che fluiscono rapidi dalle tasche, più volte, in modo che quasi tutti abbiano la loro parte.

Nel frattempo, intorno a noi la situazione si scalda. Le ragazze che si alternano sulle pertiche del palco sforbiciano, nude, sempre più spesso le gambe di fronte agli spettatori e tra questi ci sono i primi che fanno la loro scelta e si appartano nei privé uscendone un po' più tardi più felici e leggeri. Noi sinceramente non riusciamo a scavare così in basso sul fondo del barile degli istinti, o forse è solo il portafoglio che ci viene meno, e quindi ci ritiriamo a un orario ancora decente per incontrare Federica in albergo, lasciando quel locale di perdizione e facili costumi, cioè dove si perdono i soldi e gli slip si sfilano facilmente.

Chiariamo, non c'è nulla di male nella professione e fintanto che è liberamente scelta è più che rispettabile, il degrado degli istinti primordiali e grezzi è degli avventori, di chi ripiega in tali soluzioni per soddisfare bisogni affettivi, o puramente istintivi, senza quindi la necessità di prendere impegni, ricambiando solamente con i soldi.