Serata Texana

Il Texas, cuore di quella teiera a forma di Stati Uniti, stato nello stato pur così uguale a tutti gli altri stati nelle sue cittadine di seconda provincia sperdute tra incroci di superstrade e grandi magazzini che sventrano il senso logico di un centro civico stiracchiandolo intorno a una strada piuttosto che lasciandolo arrotolare lumachiforme intorno a una piazza o a un edificio.

Ancora una nuova lunga giornata di riunioni senza fine, un turbinio continuo di soluzioni non soddisfacenti a problemi noti da mesi ma mai affrontati veramente oggi venuti al pettine e non più rimandabili. Come al solito. Così, dopo esserci fatti cadere le braccia verso le sei di sera, con quasi un'ora di anticipo rispetto a ieri, abbiamo deciso di seguire l'esempio dei colleghi americani alzando i tacchi e uscendo, rigorosamente scortati come il pignolo e fastidioso regolamento americano richiede, fino ai cancelli con le guardie massicce e ovviamente nere.

Una breve sosta in albergo necessaria per un breve riposo: per prepararci spiritualmente alla frizzante serata di vita e allegria che ci aspetta, essendo l'ultima di questa prima settimana americana. Appuntamento alle 19.30 per dirigersi verso un ristorantino consigliatoci da un tizio, la Hacienda, tipicamente messicano nell'ambientazione ma altrettanto tipicamente americano negli orari: cena servita dalle 17 alle 21. Arriviamo appena in tempo per farci ancora saziare di fajitas e tacos conditi da birre messicane e cocacole di vari gusti e fogge: cibo di qualità decisamente mediocre degno di una bettolina senza pretese affogata in un quartieruccio residenziale dai redditi decisamente mediobassi, casettine in legno e piccoli food mart dove puoi comperare il latte alle undici di sera ma il pane è un lusso.

Scopriamo che la cameriera, messicana doc, capisce molto meglio noi in italiano che il nostro collega di nazionalità britannica: i nostri ordini infatti arrivano precisi, i suoi nonostante parecchi scambi verbali tipo dialogo non ti sento cosa hai detto lo portano a mangiare un piatto misto e bere acqua senza ghiaccio invece di fajitas e birra.

Dopo cena decidiamo di darci al meglio della vita notturna che un paesino di provincia americano offre ai propri abitanti. Facciamo un giro, rigorosamente in auto, per la via centrale a dare un'occhiata e quindi entriamo nel locale dove c'è più gente e più movimento alle dieci di sera: Wall-Mart.

Tra scaffali di shampoo, lettori MP3, fucili a pompa, canne da pesca, vestiti a quattro soldi, giocattoli e articoli da campeggio ciascuno di noi riesce a trovare almeno qualche cosa da comprare santificando in questo modo il sacro dio americano: spendere spendere spendere!

Esausti e soddisfatti da questa vigorosa botta di vita, entusiasti di questa civiltà americana, corroborati dalla vita tranquilla e piena di valori della campagna texana torniamo a suicidarci in albergo.

Domani si rientra. Per fortuna.