01/lug/05

New York, Manhattan

Edward Brophy, ex poliziotto del NYPD (dipartimento di polizia di New York City) convertito alla pittura, ed è pure bravo dimostrando che tra arrestare teppisti del Bronx e fare la scorta alle parate su Broadway qualcosa di buono viene fuori comunque.

Il weekend è stato molto diverso da quello che immaginavo, grazie a Ed si è rivelato un pacco di discrete dimensioni, ma grazie ad altre persone dal pacco non è uscito carbone ma conoscenze interessanti. Ma vado con ordine.

Ed è un uomo quasi settantino (direbbe Camilleri), magro e in ottima forma fisica, dal profilo forte e dal viso alla braccio di ferro con una certa cadenza che rivela le sue origini irlandesi con l'assenza di un paio di baffi bianchi. Single da un paio di decenni, capisco perchè la moglie lo abbia lasciato, testone e in guerra con tutti ricorda a tratti mio padre.

Vive a Congers, più di un'ora di bus da Manhattan ma a pochi minuti dai suoi amati boschi assieme a Joey un gatto che ha appena perso l'ino e si vede da quanto è giocherellone. Casa sua è una piccola villetta senza chiavi (tanto non c'è nulla da rubare) un po' cadente e un po' trasandata che emana vissuto da zitello.

Venerdi parto di buona mattina alla volta della grande mela, l'autobus arriva alla Port Authority (stazione centrale dei bus) attravrso il Lincoln tunnel e l'impatto con Manhattan è colossale. Come gli edifici torreggianti che riempiono orizzonte e cielo. Alzi gli occhi per vedere paereti di vetro acciaio e cemento che si deformano verso l'alto senza sosta, facciate di palazzi che contano decine di piani, ne segui con gli occhi l'ombra proiettarsi sul grattacielo di fronte come a gareggiare verso le stelle o, in mancanza di meglio, per lo meno verso il cinquantesimo piano.

Abbassi gli occhi e le strade brulicano di caos, marciapiedi larghi ricoperti di pedoni che sgomitano veloci verso destinazioni lavorative irrinunciabili, turisti con infradito e occhi spersi chi verso il cielo chi dentro una cartina spiegazzata, uomini in giacca e cravatta con i polsi immersi in ventiquattrore zeppe e massicci personaggi che trasportano qualsiasi cosa non sia inchidata al pavimento, da vetri a cassette di frutta.

Autobus strafottenti tentano di stritolare automobili audaci che si danno da fare strombazzando per investire imprudenti pedoni lanciati in rossi attraversamenti. Ogni semaforo è conteso tra pedoni che non smettono mai di attraversare e irati mezzi a combustione interna che cercano di girare o di proseguire nella loro marcia.

Dopo un inutile giro intorno all'Empire State Building (più di un'ora di coda per salire in cima) mi tuffo alla ricerca di frescura nella metropolitana lungo l'8 avenue, e raggiungo Ground Zero, il sito dove fino all'11 settembre 2001 c'erano le due torri più alte del mondo. Oggi gli americani stanno facendo del loro meglio, esperti come sono, per cancellare la propria storia e non si può vedere sostanzialmente nulla, se non delle foto e una lista di nomi troppo piccoli per essere letti. Forse mi aspettavo qualche cosa di impressionante, un possibile paragone con altri eccidi famosi del secolo scorso, nulla. Rimane ancora un grattacielo vicino con segni di danni.

Gironzolo per Battery Park City, lussuoso lungo mare meta di atletici manager in pausa pranzo che fanno jogging e giovani ragazze al guinzaglio di cagnoloni grossi come cavalli, mi godo la brezza altrove rara e la vista in lontananza della statua della libertà, monumento progettato e regalato dalla oggi bistrattata Francia agli USA. Mi concedo solo una breve pausa, poi mi tuffo nuovamente in downtown tra grattacieli, Wall Street, fino a raggiungere il ponte di Brooklin, impressionante opera architettonica e ottimo punto di osservazione su Manhattan.

Chiudo la giornata, lunga e faticosa, dopo una rinfrescante pausa fragole e panna da Starbucks su Broadway (che di broad proprio non ha nulla) con una passeggiata per China Town e Little Italy in direzione Port Authority. Colori folla, insegne in cinese e in italiano caratterizzano questa parte dell'isola che nonostante tutto oggi non sbraga troppo nel turistico e mantiene una sensazione di realtà che supera la patina di trappola turistica tipica di posti così famosi.